Gli organi interni necessitano di un costante apporto energetico nonostante ci si nutra solamente 4 o 5 volte al giorno. Questo ha spinto l’organismo a ottimizzare alcuni processi che permettono di immagazzinare energia in caso di abbondanza e di liberarla durante le fasi di digiuno prolungato. Il fegato è l’organo che opera in queste situazioni stoccando i surplus energetici sottoforma di glicogeno per poi liberarlo sottoforma di glucosio a seconda delle necessità metaboliche. Per comprendere a fondo i meccanismi fisiologici che intervengono durante le fasi di digiuno prolungato è bene conoscere il metabolismo dei glucidi a cui abbiamo dedicato un approfondimento qui.
Ora andiamo a vedere in dettaglio i principi fisiologici che si innescano durante il digiuno di breve durata (tipicamente quello che avviene durante la notte) e quello di durata superiore, che definiremo “digiuno prolungato”.
Il digiuno notturno
Dopo 4-5 ore dall’ultimo pasto si entra nello stato di “digiuno”. In questa situazione, che tipicamente avviene durante la notte nella maggior parte dei soggetti, il fegato libera glucosio (attraverso la glicogenolisi) per sopperire alla carenza di zuccheri nel sangue. Però se durante il digiuno tutti i tessuti utilizzassero glucosio come fonte di energia, le riserve non durerebbero a lungo motivo per cui, in questa fase, i tessuti indirizzano il proprio metabolismo anche verso altre fonti energetiche.
Durante il digiuno l’insulina si trova a valori bassi, mentre il glucagone e l’adrenalina a valori superiori. La somma di queste due situazioni attiva gli enzimi della lipolisi causando un aumento degli acidi grassi nel sangue e spinge i muscoli (e i tessuti on grado di utilizzare i lipidi a fini energetici) ad utilizzare questi, invece che il glucosio, per sopperire alle loro richieste energetiche. In questo modo si ha un risparmio del consumo di glucosio da parte di tessuti (come i muscoli appunto) che permette di indirizzare il glucosio verso altri tessuti più “bisognosi”. Le riserve di glicogeno epatico sono comunque limitate e potenzialmente si esauriscono in circa 24 ore di digiuno completo, pertanto, un’ulteriore quota di glucosio si ottiene attraverso la gluconeogenesi di cui abbiamo parlato in questo articolo.
In questa fase il cervello utilizza circa la metà del glucosio disponibile. Infatti, dei 130mg/minuto di glucosio rilasciati dal fegato, circa 80mg vanno al cervello, circa 20-25mg a cuore e muscoli scheletrici, altri 20-25mg alle cellule glucosio dipendenti (globuli rossi, ghiandola surrenale, cellule della retina) e la restante parte da altri organi e tessuti. Al termine del digiuno notturno il fabbisogno energetico basale viene soddisfatto per il 50-55% dagli acidi grassi, per un 35-40% dal glucosio e per l’8-10% dall’ossidazione degli aminoacidi.
Il digiuno prolungato
Durante il digiuno prolungato devono comunque essere garantite le condizioni minime per la sopravvivenza (respirazione, impulso nervoso, eliminazione renale, trasporto dell’ossigeno) quindi una quota di glucosio deve comunque arrivare agli organi che assolvono a queste funzioni (muscoli respiratori, sistema nervoso, reni).
Dopo le prime 24 ore le riserve di glicogeno iniziano a scarseggiare e la gluconeogenesi diventa la principale via energetica. Durante il digiuno prolungato i tessuti glucosio dipendenti (globuli rossi, retina, midollare del surrene) continuano a utilizzare glucosio e il lattato prodotto dal loro metabolismo viene portato al fegato dove viene convertito nuovamente a glucosio (ciclo di Cori). Invece, per soddisfare la richiesta degli altri tessuti (cervello in primis) iniziano ad essere catabolizzate le proteine corporee, prima del fegato e poi dei muscoli. Siccome per ottenere 1g di glucosio ci vogliono circa 1,7g di aminoacidi, per soddisfare le richieste energetiche del cervello (120g al giorno) sarebbero necessari circa 200g di aminoacidi, ma siccome sul lungo periodo non sarebbe sostenibile, in questa situazione (dopo circa 48 ore di digiuno) l’organismo inibisce la gluconeogenesi per risparmiare le proteine e stimola l’utilizzo degli acidi grassi. Questi vengono metabolizzati e causano un aumento dei corpi chetonici (utilizzabili dal cervello come fonte energetica) in modo da risparmiare ulteriormente la quota di glucosio. È su questi principi che si basa la Dieta Chetogenica, piano alimentare molto in voga negli ultimi anni di cui abbiamo parlato qui.
In questa fase di digiuno prolungato, l’immissione in circolo di corpi chetonici porta a un abbassamento del pH, ma siccome l’organismo tollera variazioni piccolissime di questo parametro, il rene aumenta la produzione di NH₄⁺ (ioni ammonio) e bicarbonati che “tamponano” questa situazione (ricordiamo che stiamo parlando di situazioni borderline con la fisiologia e questi meccanismi corporei devono essere visti come tentativi di mantenerci in vita ad ogni costo).
In questa fase l’assetto ormonale vede un aumento di adrenalina e cortisolo, un basso rapporto insulina/glucagone e un calo degli ormoni tiroidei (T3 e T4) che portano a una diminuzione del metabolismo basale in modo da abbassare le richieste energetiche e preservare le proteine corporee.
Questa fase copre i primi due o tre giorni di digiuno circa. Nei successivi giorni c’è un ulteriore assestamento metabolico che porta ad abbassare ulteriormente il metabolismo basale (grazie all’ulteriore calo degli ormoni tiroidei) e spingere al consumo degli acidi grassi in modo da risparmiare sempre più le proteine corporee.
Digiuno prolungato, lo stadio finale
Infine, si entra nell’ultima fase del digiuno prolungato, ovvero quella in cui l’organismo si adatta all’assenza di cibo. In questa fase il cervello soddisfa per 2/3 i suoi fabbisogni attraverso i corpi chetonici e per 1/3 attraverso il glucosio. I tessuti glucosio dipendenti continuano ad utilizzare glucosio attraverso la gluconeogenesi e il “riciclo” di glucosio grazie al ciclo di Cori, il cuore ossida acidi grassi e corpi chetonici mentre muscolo e fegato ossidano gli acidi grassi. Una volta esauriti i grassi di riserva iniziano ad essere utilizzate le proteine corporee ma quando queste scendono sotto il 50% la debolezza e l’insufficienza dei muscoli respiratori portano alla morte. Durante un digiuno prolungato, infatti, i muscoli possono perdere fino al 30% delle proprie proteine e il fegato fino al 50% mentre il cuore solo il 3%. Questo ci testimonia che fegato e muscoli possono essere utilizzati come "riserve" di proteine in caso di necessità.
Bibliografia:
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